venerdì 28 maggio 2010

Iudicium - "Vinland Saga"


Il medioevo, ormai l'avrete capito, ha un certo ascendente su di me. E dopo una piccola concessione al rinascimento (sto parlando della breve introduzione a "Cesare"), è arrivato il momento di tornare al dolce anno mille. E' intorno a questa data, infatti, che si snodano le vicende di "Vinland Saga", manga di Makoto Yukimura, dal nome evocativo quanto ineluttabilmente pretenzioso: la mente corre subito alle grandi saghe nordiche, ai cicli epici norreni, alla mitologia scandinava. Pretenzioso, ma non ingiustificato. I riferimenti storici sono molti e molto precisi - oddio, non siamo ai livelli di "Cesare", ma comunque a uno standard elevato - così come le ricostruzioni di villaggi, armi, armature, imbarcarzioni...
Nonostante ciò, "Vinland Saga" può difficilmente essere considerato tout-court un fumetto storico; più efficacemente si può definire un manga d'azione di ambientazione storica. La vicenda parte, come da tradizione, in medias res, con l'assalto di un gruppo di vichinghi, comandato dal crudele ma ironico Askeladd, a un villaggio franco: nel gruppo degli assalitori spicca Thorfinn, un giovane cupo, taciturno e dotato di un'isolita abilità nel combattimento. Thorfinn si rivela presto come il vero protagonista della saga, grazie al lungo flashback sulla sua infanzia e sull'enigmatica figura del suo defunto padre, Thors. Il riferimento storico più evidente è quello che dà il titolo all'opera, ossia il Vinland, leggendaria regione del Canada occupata dai vichinghi nell'XI secolo; è presente anche il personaggio di Leif Eiriksson, lo scopritore, secondo le saghe norrene, del nuovo mondo: non ci è ancora dato sapere che ruolo avranno questi elemeti nel proseguo della serie (in Italia ancora al secondo numero), ma di certo i pochi riferimenti emersi fino ad ora fanno presagire che saranno centrali.
Al di là del valore storico, l'autore dimostra buone doti grafiche e narrative, una discreta capacità di costruzione dei personaggi e una notevole abilità per quanto riguarda le scene d'azione; il riferimento più esplicito è a "Berserk", tanto per la preponderanza dei combattimenti (in barba al realismo, nella maggior parte dei casi) quanto per l'importante ruolo che riveste il passato all'interno della narrazione: il flashback non può non ricordare quello che, nell'opera di Miura, narra la giovinezza di Gatsu e il suo ingresso nella squadra dei falchi.
Due numeri sono pochi per dire di più, mi limito a constatare che ci sono le premesse per una buona avventura che, alla faccia della letteratura d'evasione, non vuole rinunciare all'esattezza filologica e alla tanto vituperata "complessità".

Makoto Yukimura, Vinland Saga, Star Comics (numero 1: febbraio 2010, attualmente in uscita il numero 2)

Breve sitografia

domenica 23 maggio 2010

Iudicium - "Fringe"


"Fringe" è senza dubbio colpevole. Colpevole di avermi fatto cadere nel baratro delle serie televisive. Il genere "serie", a dire il vero, non è una novità per me: fumetti, saghe cinematografiche e letterarie, etc... Ma di serie televisive n0n mi ero mai infatuato. Ora è la rovina. Non solo seguo ne con regolarità diverse, ma grazie ai miracoli di internet posso colmare enormi buchi nella mia cultura popolare.
Insomma, tanto tempo perso.
Fringe, la nuova gallinella dalle uova d'oro di J. J. Abrams, è una serie di fantascienza o, per meglio dire, di pseudo-scienza: mondi paralleli, telepatia, poteri paranormali sono le sfide che attendono la divisione Fringe dell'FBI (in Italiano suona qualcosa come "la frangia"), composta dall'agente Olivia Dunham, dallo scenziato Walter Bishop e da suo figlio Peter. Al contrario di X-files, che senza dubbio rappresenta un importante precedente per serie, niente è ammantato di mistero: tutto è spiegato razionalmente, tutto rientra in un coerente (ma non troppo, pur sempre di fictio si tratta!) sistema scientifico. Interessanti le trame, che spesso seguono l'ormai classico ntreccio poliziesca stile CSI; i singoli episodi sono però inseriti in una continuity affascinante e complessa (e qui esce fuori il marchio di fabbrica Abrams). L'ambientazione, poi, è bellissima: niente tecnologie all'avanguardia e ricerca compiuterizzata, ma un vecchio laboratorio anni '70.
Insomma, se la fine di Lost vi lascerà molto tempo libero, sapete dove rifugiarvi.

sabato 22 maggio 2010

Alius Carmen - "Ai faux ris, pour quoi traï avés"


Di Dante se ne parla tanto, ma mai troppo. Un paio di anni fa, sul mio vecchio blog, ebbi modo di constatare come Dante si fosse trasformato da incubo liceale ad auctoritas prediletta dopo giusto un paio di corsi universitari ben piazzati. Ora che nel medioevo ci sguazzo gaiamente, non posso che adorare alla follia Dante. Quello che mi ha sempre colpito dell'Alighieri è l'uso davvero disinvolto, espressivo, competente e diversificato della lingua.
Prova ne sarebbe questa composizione; dico "sarebbe" perchè, nonostante i critici siano oggi concordi nell'attribuirla a Dante, a lungo si è ritenuta spuria. La caratteristica principale della poesia è quella di essere scritta in tre lingue diverse: francese antico, latino e italiano; l'effetto è fortemente straniante e nonostante il tema, non dei più originali, il risultato è interessantissimo. Per farvi rendere conto della struttura linguistica del componimento, ho usato il grassetto per i versi in italiano, il corsivo per quelli in francese e il tondo per quelli in latino.


Ai faux ris, pour quoi traï avés
oculos meos? Et quid tibi feci,
che fatta m'hai così spietata fraude?
Iam audivissent verba mea Greci.
E selonch autres dames vous savés
che 'ngannator non è degno di laude.
Tu sai ben come gaude

miserum eius cor qui prestolatur:
je li sper anc, e pas de moi non cure.
Ai Dieus, quante malure
atque fortuna ruinosa datur
a colui che, aspettando, il tempo perde,
né già mai tocca di fioretto il verde.

Conqueror, cor suave, de te primo,
ché per un matto guardamento d'occhi
vous non dovris avoir perdu la loi;
ma e' mi piace che li dardi e i stocchi
semper insurgant contra me de limo,
dount je seroi mort, pour foi que je croi.
Fort me desplait pour moi,

ch'i' son punito ed aggio colpa nulla;
nec dicit ipsa: "malum est de isto";
unde querelam sisto.
Ella sa ben che, se 'l mio cor si scrulla
a penser d'autre, que d'amour lesset,
le faux cuers grant paine
an porteret.
Ben avrà questa donna cor di ghiaccio
e tant d'aspresse que, ma foi, est fors,
nisi pietatem habuerit servo.
Bien set Amours, se je non ai socors,
che per lei dolorosa morte faccio
neque plus vitam, sperando, conservo.
Ve omni meo nervo,
s'elle non fet que pour soun sen verai
io vegna a riveder sua faccia allegra.
Ahi Dio, quant'è integra.
Mes je m'en dout, si gran dolor en ai:
amorem versus me non tantum curat
quantum spes in me de ipsa durat.
Cianson, povés aler pour tout le monde,
namque locutus sum in lingua trina,
ut gravis mea spina
si saccia per lo mondo. Ogn'uomo senta:
forse pietà n'avrà chi mi tormenta.
(Dante, tutte le opere, Newton Compton editori, Roma 2007, pp. 769-770)



Breve sitografia


martedì 18 maggio 2010

Carmen - "Camera egobarica per la salvaguardia di Io e Super-io"


...Tabula rasa si diceva. Cancellare tutto e ricominciare da capo. Ma a parte il fatto che, in barba alla virtualità di internet, i miei vecchi scritti sono tutt'altro che cancellati, forse ogni tanto fa bene rileggersi. Per ridersi un po' addosso e accorgersi di quanto si fosse stupidi.

Correva l'anno 2005 e il sottoscritto era in piena fase maudits. Era il periodo in cui leggevo (male) un po' di tutto e mi sentivo pervaso dal sacro fuoco dell'arte. Perchè poi indugiare su questi "ero giovane e illuso", "credevo di poter cambiare il mondo", "si stava meglio quando si stava peggio", "non ci sono più le mezze stagioni", etc...? Sono passati cinque anni, ero uno stupido diciassettene, ora sono uno stupido ventiduenne. Poco di guadagnato.

Dovrei farmi uno schema di quello che scrivo, perdo il filo come niente (che birbaccione che sono, nascondere il mio tentativo di mimesi del discorso realistico informale dietro un post, con tanto di strizzatina d'occhio fra parentesi per il lettore esperto). Dicevo: cinque anni fa scrissi questa posia, "ispirato" dall'istallazione artistica di Doppioniro (ho cercato il suo sito su internet ma sembra non esistere più) dall'omonimo titolo. Sul mio vecchio blog era piaciuta, così la trasformai in un pezzo recitato per i Varanasi, il gruppo in cui suonavo allora. L'anno successivo la pubblicai su un altro blog e su un sito di scrittura. Non è poi così male, ero un diciassettenne cazzuto e davvero affascinante.
Leggere per credere:


Camera egobarica per la salvaguardia di Io e Super-io

Cauta, la figura bianca si riflette su quel muro. Incessante, il viola dell’omega ottunde i nodi dell’anima e, colanti come fili di ambrosia, dal soffitto cadono i ricordi. Rimozione, sogno e simbiosi sono le regole del gioco: quel neutro pulviscolo di uomo logorato dall’abnorme pulsione dell’oblio, sconquassato dall’idioma incomprensibile del suo totem-spirito, levita aspettando il contatto e la fusione delle carni con la calce del mondo. E, sublimazione dopo sublimazione, un circolo deformato di regole a contestare l’essenza dei sogni, un imperativo categorico come unica fonte di vita, cancellando l’idea di un nucleo umano, troppo umano per essere condiviso. Brevi, misere e laconiche soluzioni in questa stanza inumidita, prendere le due apparentemente uguali alternative e congiungerle con una “e”...
Non è facile suonare lo strumento della mente.


Ah bè, si, tecnicamente non è proprio una poesia. Colpa di Ribaud e Baudelaire.

sabato 15 maggio 2010

Alius Carmen - "Occitania"


Tralasciando la (ormai fastidiosa?) retorica pro-occitana, mettendo da parte il grottesco fatto che il testo era sul sito del "movimento giovani padani", che continua ad avere problemi di identità, dichiarandosi celtico-occitano-germanico-comunardo (spassosissimo il sito, che si fregia, nella sua grafica, di Alberto da Giussano e Mel Gibson nei panni di William Wallace, il tutto condito da una onciale davvero fuori luogo), passando oltre l'affaire Ferretti, di cui ho già scritto in un altro tempo e in un altro luogo, resta una gran bella poesia.


Occitania (Giovanni Lindo Ferretti)

Di là dal mio crinale, da cui si vede il mare,
d’autunno e in primavera con il tramonto sale
l’odore degli orti, il suono delle corti
un gusto di equilibrio, di misura
“mezura” che non dura.

s’intristisce la sera tra echi di dolore
e canti di preghiera:
è l’Occitania, che ancora si dispera.
Occitania: le donne, i cavalieri, i trovatori
i Catari, le corti d’amore.

Di là dal mio crinale, da cui si vede il mare,
d’autunno e in primavera con il tramonto sale
l’odore degli orti, il suono delle corti
un gusto di equilibrio, di misura
“mezura” che non dura.

Ai soldati che chiedono:
-come distingui un Cataro da ogni buon cristiano?-
Simone di Monfort,
comandante del Re in dotazione al Papa per la prima crociata,
risponde: -Uccideteli tutti: Dio riconosce i suoi-
Detto. Fatto. Uccisi tutti.
Occitans tous occis.

Di là dal mio crinale, da cui si vede il mare,
d’autunno e in primavera con il tramonto sale
l’odore degli orti, il suono delle corti
un gusto di equilibrio, di misura
“mezura” che non dura.

La notte inghiotte la sera,
sfiora la rosa, sfiora la lavanda
il giglio di Lorena con la croce di Roma
qui massacra e comanda:
non s’osi vivere, se non in penitenza
ubbidienza indulgenza.
Guai alle donne che devono servire
partorire in dolore, guai a chi le difende
e guai, guai a chi si arrende.
Monsegur anno 1244.

Occitans tous occis,
al rogo gli occitani: vecchi donne bambini
vivi morti feriti, malati e sani.

Al rogo gli Occitani!
e ancora gli par poco:
se ne infanga la memoria,
sbagliando la materia.
Il fango si fa terra,
germoglia e fiorisce la storia

Di là dal mio crinale, da cui si vede il mare,
d’autunno e in primavera con il tramonto sale
l’odore degli orti, il suono delle corti
un gusto di equilibrio, di misura
“mezura” che non dura.

la notte inghiotte la sera:
sfiora la rosa, inacidisce il miele
le donne d’Israele s’intristiscono in lor cuore
sanno che va male, va male a peggiorare
sanno di già che diaspora
diventa shoah.

Che i forni crematori sono il progresso dei roghi.
I forni crematori sono il progresso dei roghi.

Ma di là dal mio crinale, da cui si vede il mare,
d’autunno e in primavera con il tramonto sale
l’odore degli orti, il suono delle corti
un gusto di equilibrio, di misura
“mezura” che non dura.

s’intristisce la sera tra echi di dolore
e canti di preghiera:
è l’Occitania, che ancora si dispera.
E' l’Occitania, che ancora si dispera.


Breve sitografia ragionata:


Fastidioso addendum: la traduzione italiana del brano di Cesario che vi ho segnalato è abbastanza una porcata, essendo fatta dall'inglese. Chiedo venia.

venerdì 14 maggio 2010

Iudicium - "Cesare, il creatore che ha distrutto"


Sulla validità artistica del genere fumetto, tanto s'è discusso. è opinione diffusa, ormai, che non si tratti di un mezzo di puro intrattenimento, ma che possa competere, tanto sul versante pittorico quanto su quello letterario, con l'arte propriamente detta.
Il caso di "Cesare, il creatore che ha distrutto" è però diverso. Qui non si tratta solamente di dimostrare che la storia è profonda e complessa come quella di un romanzo, che i personaggi sono ben caratterizzati e psicologicamente realistici come accade nella grande letteratura, che alcune trovate nel disegno e nelle tavole sfiorano gli esiti della pittura tradizionale e rivaleggiano con i migliori esempi di regia cinematografica.
"Cesare", ora possiamo dirlo, è un fumetto storico, e come tale impone una riflessione più ampia, sul rapporto fra fictio e realtà: quanto un'opera narrativa può essere strumento di conoscenza della storia? In che misura il calarsi nella storia in prima persona favorisce la comprensione di quest'ultima?
Certo è che Fuyumi Soryo, l'autrice, è stata in grado finora di districarsi con precisione e verosimiglianza in questo ambito.
Già, perché l'autrice è giapponese, e dunque "Cesare" è un manga. Il che complica ancora di più la faccenda: qual è la percezione della storia occidentale, agli occhi di una orientale? Favorisce la libertà di agire indiscriminatamente sui fatti storici, o induce a comportarsi, per il distacco dalla materia, con filologica attenzione alle fonti?
Procediamo con ordine.
La serie, attualmente giunta in Italia al numero 7, narra la vita e le gesta di Cesare Borgia, personaggio complesso ed enigmatico del rinascimento italiano, vista attraverso gli occhi dell'ingenuo Angelo da Canossa, suo compagno di studi all'Università di Pisa. Per ora è difficile ipotizzare dove la serie andrà a parare (l'autrice ha dichiarato di voler realizzare una serie di ampio respiro, nell'ordine di grandezza di qualche decina di volumi): gli spunti sono molti, a partire dalla progressiva stratificazione del personaggio di Cesare, per passare alle relazioni di amicizia, affetto, odio dei protagonisti, fino agli intrighi e alle congiure che pervadono gli ambienti politici rinascimentali.
Quel che è certo, e qui torniamo alla vexata quaestio, è che la Soryo non sottovaluta le difficoltà di confrontarsi con la "storia" con la S maiuscola (quella che gli inglesi chiamano history in contrapposizione con la story); da qui, la scelta di avvalersi di Motoaki Hara, docente presso la Kurashiki Sakuyo University, conoscitore della storia e della cultura dell'Italia medievale e rinascimentale, che cura l'aspetto filologico dell'opera, compito finora svolto egregiamente. Da parte sua, la Soryo è un'esperta conoscitrice dell'arte del Bel Paese, ne ha studiato gli esponenti ed è in grado di riprodurne (o ricostruirne) lo stile.
Insomma, il prodotto finale è ottimo, può essere incluso senza esitazioni nel genere del romanzo storico, e forse può anche spiccare all'interno di esso, principalmente per un motivo: l'intento divulgativo. Infatti, tutta l'opera è costellata da annotazioni a margine su tutti quei fatti e quegli aspetti che il lettore orientale (ma anche quello occidentale) può avere difficoltà nel capire; così il fumetto diventa un saggio divulgativo di storia sociale e politica del rinascimento, un vademecum di arte del '400 italiano, un'introduzione alla cultura del periodo. Il tutto, corredato da schede, glossari e, udite udite, una sintetica ma pregevolissima bibliografia (destinata, ovviamente, al pubblico giapponese, sebbene molti titoli siano italiani). Anche la focalizzazione narrativa, incentrata sul personaggio del giovane Angelo, favorisce una lettura didattica: Angelo, ragazzo umile e ingenuo, fuori dagli intrighi del tempo e dalla società aristocratica, scopre man mano, insieme al lettore, l'ambiente in cui vive, i suoi misteri e le sue meraviglie.
Insomma, per rispondere al quesito iniziale, sì, il fumetto può essere uno strumento per conoscere la storia, in modo forse più soggettivo ed emozionale rispetto ai metodi tradizionali, ma proprio per questo più efficace. Quando poi il prodotto è filologicamente attento, ben scritto, ben disegnato e in un'edizione pregevolissima (brava Star Comics!), come accade per "Cesare", non si può far altro che plaudire al genio nipponico.

Fuyumi Soryo, Motoaki Hara (a cura di), Cesare, il creatore che ha distrutto, Star Comics (numero 1: ottobre 2007, attualmente in uscita il numero 7)

mercoledì 12 maggio 2010

Exordium


Per giorni, mesi, anni, capita di non scrivere.
Ogni tanto, magari, ci si affaccia timidamente su un foglio elettronico, si scribacchia qualcosa, poi si cancella.
Un mattino di una finta primavera, però, in pigiama, dopo tre caffè, può succedere che si prenda coraggio e si inventi un nuovo blog (per queste cose, i minestroni riscaldati non funzionano. Bisogna ricominciare da capo, chiudere e riaprire, tabula rasa).

L'incertezza è tale da farmi usare tutti verbi impersonali. Suvvia, un po' di palle.

Dovrei farmi una doccia, far fruttare la giornata, ma il ruolo di inetto è di gran lunga più interessante.

Sì, devo ammetterlo, mi mancava lo scrivere due parole e poi cancellarle subito per trovarne di più adeguate. E rileggere tutto ogni trenta secondi. E accorgermi che non fila. E ricominciare.
Spero solo di non ritrovarmi ancora una volta a chiudere tutto, stizzito, e cancellare ogni traccia di me e del blog.

Devo farmi una doccia, cazzo.

Per non parlare poi del piacere nell'usare le parolacce. Con disinvoltura. Magari stavolta non cancello tutto. Ecco, questa nuova piattaforma per i blog salva automaticamente tutto, ogni tanto. Magari la stizza non l'avrà vinta.
Mi sento abbastanza stupido nello scrivere questo post. Però da qualche parte bisogna pur ricominciare.

Cawarfidae