venerdì 4 giugno 2010

Iudicium - "Essere e avere"


Un'altra cosa vecchiotta (un paio d'anni fa), dall'archivio del mio vecchio blog. Rileggendola, mi ha affascinato il discorso fictio-realtà, di cui ho recentemente parlato qui. Inoltre, al tempo, ero in un mood (oddio che fastidio l'anglicismo gratuito. Ma proprio non ho voglia di cercare sinonimi, ora) piuttosto simile a quello odierno. Il film, a distanza di otto anni, rimane un ottimo manuale empirico di pedagogia, ma anche un modo per tornare bambini e, perché no, per commuoversi.
In controtendenza rispetto allo spirito epico che da un po' si è impossessato di me (di noi?), vi consiglio un film eccezionale. E' vero, sarebbe meglio parlare di documentario, ma se, come dice Bergman, "non c'é nessuna forma d'arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell'anima", Essere e avere di Nicolas Philibert non ha niente da invidiare alla finzione. Uscito nel 2002 e pluripremiato un po' ovunque, Essere e avere racconta (o meglio, spia) la vita di una scuola elementare di un piccolissimo paesino dell'Auvergne, nel cuore della Francia montana e agricola.
Philibert, mai troppo invasivo, sa scegliere i momenti più toccanti e interessanti, montandoli con spirito poetico ma mai stucchevole. I bambini vivono una loro vita magica, a scuola, guidati da un umanissimo e competente maestro sulla via della pensione. A metà strada fra opera pedagogica, riflessione "fanciullesca", utopia bucolica e commovente ritratto dei tipi umani, Essere e avere merita una mezione particolare nel panorama dei documentari. Non sono la frenesia e lo zelo politico di Moore a dominare, nemmeno la (sacrosanta) indignazione democratica della Guzzanti, ma uno stile piano e distensivo, dettagliato, attento alle rughe d'espressione e alle linee di sguardi (fra i bambini e l'ambiente circostante), come alle parole che passerebbero in secondo piano (il "tu sei mio amico?" sussurrato mentre il maestro spiega).
Si dice non ci sia molto spazio nel panorama cinematografico per il genere documentario, ma se c'è più che una mera ripresa oggettiva non vedo cosa manchi all'opera di Philibert: ci si affeziona a Jojo, a Olivier e a tutti gli altri ragazzi, alle loro famiglie, al maestro, alle loro vicende; e il tutto senza artifici retorici o teorie sull'immedesimazione, ma solo con un grande spirito pedagogico e un notevole interesse umano.

P.S. Da vedere OBBLIGATORIAMENTE senza doppiaggio! Bastano i sottotitoli, vi perdereste la divertentissima pronuncia francese dei bambini...