domenica 2 ottobre 2011

Narratio - "Niente di personale, niente di programmato"


[immagine di Eleonora Prado]


Il gruppo dei nichilisti giocava a calciobalilla in un angolo della sala. Erano cinque e giocavano senza entusiasmo. Il quinto, Rutger, a dire il vero non giocava. Era il classico amico di troppo, perché a calciobalilla si gioca in quattro. Stava appoggiato con una spalla contro il pilone e in mano teneva il suo Long Island, sorseggiandolo con affettazione.
Dei quattro giocatori, un paio soltanto erano interessanti.
Luigi detto “Morchia”, difensore dei rossi, era davvero davvero nichilista, più degli altri quattro nichilisti. Giocava rassegnato.
Flea, l’attaccante dei blu, segnava facilmente ma non si entusiasmava, perché era nichilista, sebbene non così tanto come il Morchia.
Bilbo e Chris passavano proprio inosservati, e la cosa piaceva loro, ma non troppo.
Tutto stava andando male quella sera, ma proprio male come un nichilista si aspetta. Faceva caldo, si sudava, Rutger tirava su il suo cocktail con la cannuccia, Morchia sbuffava prendendo un gol, Flea segnava e si grattava la testa, Bilbo e Chris non pervenuti. Nemmeno il passaggio di una castana da paura (che è una terminologia un po’ anni ’80, ma la cosa ai cinque piaceva, per quanto qualcosa possa piacere a un nichilista) li distolse dalla loro routine. Aveva due tette non da ridere e non era neanche troppo punk. Solo un paio di tatuaggi in vista e appena un piercing al naso. I capelli erano corti, ma non colorati. Insomma, una tipa a posto. Sembrava essere interessata a Flea. I bomber fanno sempre colpo.
C’erano i Rammstein in sottofondo. Bé, sottofondo. Coprivano tutto.
Rutger muoveva la testa a ritmo. Piano piano, s’intende. Guardava qualcosa in fondo alla sala, su un muro. Lo spazio fra due pietre, forse. C’era una crepa, fra quelle due pietre, sarebbe caduto tutto, tutto. In testa a loro. Ma non sarebbero scappati, no. A che pro? L’Oscuro Mietitore avrebbe fatto calare la falce sulle loro teste lo stesso, prima o poi. È che è stupido fare locali ricavati in dei magazzini fluviali, questo pensava Rutger. Acqua che da secoli si infiltra, si infiltra, si infiltra, scava, scava, scava e poi un bel giorno, sabato 2 ottobre 2011 alle ore 01.02, BAM.
La ragazza si era avvicinata al calciobalilla, sorrideva.
- Chi vince? -, esordì con un sorriso, che tradiva due o tre cocktail di troppo.
- Loro -, rispose senza enfasi il Morchia. Gli altri tacevano, e giocavano senza trasporto.
Rutgar continuava a fissare la crepa.
L’Oscuro Mietitore ancora non si vedeva.
La ragazza fece una smorfia, ma Flea le piaceva, era un bel ragazzo. Su di lui era interessante l’aura di scazzo. Così rimase lì. Anzi, si appoggiò al calciobabilla, dalla parte della porta rossa, così stava vicino alla sua preda.
Flea segnò ancora, con un bel tiro da centrocampo.
- Bravo! - fece la ragazza con trasporto, tentando di imbastire una conversazione.
- Veramente è stato un caso, ho tirato, è entrata. Tutto qui -, disse Flea con tono piatto e distaccato.
- Bé dai, stai segnando un casino!
- Questo è vero, ma è il Morchia che è scarso.
- Ha ragione -, ammise il Morchia senza entusiasmo.
Rutgar aveva finito il Long Island, il dj aveva deciso che era ora di Aphex Twin, la crepa non si allargava e di cappucci e falci nemmeno l’ombra.
A ottobre a Torino non può fare così caldo. Stava decisamente arrivando la fine del mondo, tutti ci speravano lì in mezzo.
- Mi offri una birra? - azzardò la ragazza.
- Si può fare - si pronunciò Flea.
- Tanto abbiamo perso -, fece il Morchia.
Bilbo e Chris, non pervenuti.
Rutger si distrasse un attimo vedendo la coppietta che si avviava al bancone. Morchia gli si avvicinò: - Carina -, disse.
- Già -, replicò, immobile, Rutger.
- Secondo te se la fa?
- E anche se fosse?
- Boh.
- Si, se la fa, comunque.
- Buon per lui.
- Già.
- E se non se la fa?
- Che vuol dire “se non se la fa”?
- Se non se la fa.
- Bé, se non se la fa, non se la fa -, disse con tono un po’ scocciato Rutger. Ora si era voltato verso il Morchia, dando sempre le spalle alla colonna umidiccia.
- Mh.
- Perché, te la vuoi fare tu?
- No macheccentra, dicevo per dire.
- Tu non dici mai per dire.
- Ma che dici? Io dico sempre per dire!
- Tu dici per dire che dici sempre per dire, ecco cosa dici!
Flea e la ragazza presero due birre in quei brutti bicchieri di plastica. La ragazza si chiamava Bea e studiava fisioterapia. A Flea bastava sapere questo. A Bea piaceva che il suo nome facesse rima con quello di lui. Però si chiese se non si dovesse pronunciare “Flia”. Ma lo sapeva lui, come si chiamava, eccheccavolo. Di certo il suo non si pronunciava “Bia”. Quindi amen. Flea. Bea.
- E te che studi?
- Lavoro.
- Cosa fai?
- Il cameriere.
- Ah, figo, dove?
- In una pizzeria in zona Corso Belgio.
- Figo, una volta ti vengo a trovare!
- Non ti piacerebbe.
- Perché?
- La pizza è una merda e in cucina ci sono gli scarafaggi.
- Ah…
Mentre Bilbo e Chris continuavano a fare cose non degne di nota, il Morchia e Rutger decisero di sedersi sui divanetti lerci.
- Non è che devi sempre pensare che io abbia impellenti necessità sessuali -, riprese il Morchia.
- Non lo penso sempre.
- Oh.
- Solo stavolta.
- T’ho detto che non mi interessa! E poi se la sta baccagliando Flea.
- Ok, ok, come ti pare.
Rutger si annoiò subito dell’argomento e riprese a fissare la crepa. La fissava con ardore, come se volesse provocarla. La fine del mondo. Sarebbe arrivata prima o poi, prima o poi.
- E’ che alla fine mi va sempre male con le tipe… - riprese il Morchia, ora lamentoso.
- Cristodio, ricominciamo.
- Flea se le fa sempre tutte.
- 1) è più figo; 2) chissenefrega.
- Uff… Sempre con me ve la prendete.
Bilbo e Chris nulleggiavano amabilmente. Il dj passò a qualcosa di più indie, Artic Monkeys.
- Senti, sono un po’ ubriaca e quindi te lo dico chiaro e tondo… - disse Bea sorridendo.
- Mh.
- Mi piaci.
- Anche tu mi piaci.
- Andiamo a fare un giro?
- Ok.
Bea prese per mano Flea e se lo trascinò fuori, ridendo e socchiudendo gli occhi. Il Morchia sbuffò, Rutger sorrise a mezza bocca, poi tornò alla crepa, ai suoi mantra per la fine del mondo. Sentiva che mancava poco. Flea si sarebbe salvato si, ormai era fuori. Ma era giusto così. Per ripopolare il pianeta lui sarebbe stato perfetto. Quella tipa poi prometteva bene.
Rutger chiuse gli occhi, forte, “They said it changes when the sun goes down, over the river going out of town”, tutto sarebbe sparito in quel momento, così, tutto doveva finire, finire per ricominciare o semplicemente finire e basta, senza rimorsi, senza offendersi, non avrebbero sofferto, o avrebbero sofferto ma non c’erano problemi, niente di grave, è anche questo la vita, figurarsi la morte, tutto sarebbe diventato nero e a forma di spirale, tutto sarebbe collassato, sarebbe morto lo spazio e sarebbe finito il tempo, due concetti senza senso da lì in poi, spazio, tempo, tette, calciobalilla, cocktail, tutto avrebbe perso senso, il senso avrebbe perso senso, nulla, nulla, anche l’idea di nulla sarebbe svanita, tutto sarebbe imploso, esploso, annullato, ma niente di personale, niente di programmato, nessun problema, nessun rancore, solo uno slancio gratuito, immotivato, cieco, istintivo, di nichilismo.

6 commenti:

  1. credo che uno dei cinque, quello in cui mi riconosco di più, abbia una doppia personalità.

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  2. forse anche tripla. D'altronde, chi non ce l'ha?

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  3. Gran bella lettura! :)
    Io viaggio sulla quadrupla personalità! Chi offre di più?

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  4. lo dicevo io che certi disegnini nelle mani giuste sono utili ;)
    Davvero gran bel racconto!

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  5. oh.
    sarò sincera, mi capita di rado di gradire un racconto blogghifero come ho gradito questo. sul serio. complimenti.

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  6. grazie a tutti! troppobbuoni. Coltivate le vostre personalità multiple, mi raccomando

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