martedì 18 dicembre 2012

Il professor Oak, Freud e Polito



Lo diceva Freud - ma prima di lui già la tradizione e il buonsenso -, che il perno della crescita della persona è la figura paterna. Pater familias, Padre nostro, papà Goriot, padre padrone, papà Gambalunga, papà Castoro: la storia e la letteratura sono piene zeppe di genitori ora buoni e premurosi, ora arcigni e prevaricatori. In questi giorni sta spopolando nei talk show mattutini (quelli noiosi e tristi che guardiamo solo io e tutti gli ultrasettantenni d’Italia) il libro di Antonio Polito Contro i papà, che ovviamente non ho letto e non leggerò (mi è arrivato Bone di Jeff Smith, non voglio distrazioni).
Tutto questo, comunque, non interessa allo specialista, allo scienziato, al saggio, perché egli sa che esiste una figura paterna assoluta, archetipica, un Ur-Vater, che ne incarna il concetto stesso e tutte le sue sfaccettature: il professor Oak.


Quelli dell’età giusta capiranno. Il professor Oak rappresenta quanto di più bello e giusto ci sia nell’uomo: altruismo, rigore, correttezza, curiosità, abnegazione. È la figura che ha forgiato le nostre molli personalità preadolescenti, che ci ha trasformato da botoli ingurgita-girelle e calcia-supersantos a veri uomini. Perché diciamocelo, la scelta fra Charmender, Squirtle e Bulbasaur è stata la prima, vera scelta della nostra vita, e ogni altra decisione, ogni altra esitazione non è e non sarà nient’altro che una replica del Sacro Trivio iniziale. Nel suo rigore, il professor Oak - ben prima del professor Monti - ci ha insegnato che potevamo scegliere solo un pokémon e non tutti e tre; ci ha fatto capire che in squadra ne potevamo avere solo sei, che avremmo dovuto scegliere bene; ci ha insegnato la meritocrazia, perché non ha mai favorito suo nipote, quel berlusconiano d’un Gary, rispetto a noi.


Ci ha sempre spronato ad acchiapparli tutti, a non essere mai sazi (Stay hungry, stay Oddish), almeno fino al completamento del Pokédex. E ha forgiato il nostro Super-io, ovviamente: quante volte, cliccando su quell’insormontabile fuscello alto 3 o 4 pixel, non abbiamo sentito la sua viva voce, pur essendo dall’altro lato del mondo, fra le brume di Lavandonia o lo smog di Fucsiapoli, ammonirci di non poter ancora usare Taglio o Forza?
E non manca di celebrare i nostri trionfi, come quando presenzia alla vittoria contro la Lega (Pokémon eh, non quell’altra) stringendoci virilmente la mano e premiando le nostre cinquanta e più ore di gioco con tanta tanta paterna gratitudine.

Grazie professor Oak, un giorno ti renderemo fiero di noi.

sabato 15 dicembre 2012

Altercatio virorum de mulieribus - "L'istinto del branco" VI




Patronio: scusa un attimo eh, vado al cesso.
Giobbe: figurati, vai pure!
P.: mi accompagni?
G.: …eh?
P.: ho detto, mi accompagni?
G.: ma perché scusa, non ti ricordi dov’è il cesso del pub?
P.: certo che me lo ricordo, non ti ho chiesto mica dov’è.
G.: cazzo se sei un invertito assurdo…!
P.: ecco. Ci risiamo. Ora inizi coi soliti sproloqui sull’omosessualità latente, la devianza eccosivvia.
G.: hhhh si, perché sono io il problema, non tu che mi chiedi di venire a reggerti il peduncolo!
P.: ma chi ti ha chiesto di reggermi niente! Non fare il morboso! …è un esperimento.
G.: diodelcielo tu e i tuoi esperimenti da malato…
P.: non cominciare e ascolta.
G.: 'rcocane…
P.: le donne, lo sappiamo, vanno sempre al bagno insieme.
G.: no. Guarda quella lì, sta andando da sola. E ha pure un bel culo…
P.: non ti distarre! Vabbè, diciamo spessissimo… E comunque si, ha un bel culo.
G.: ecco, quasi quasi accompagno lei…
P.: dicevo, vanno spessissimo al bagno insieme. Perché?
G.: perché?
P.: per fare branco.
G.: dici per difendersi dai malintenzionati?
P.: anche, ma non solo. Hai mai visto un attacco di zombi?
G.: …Che ne dici tu? Ah ecco, ne ho visto giusto uno l’altro giorno all’incrocio fra via Larga e via san Clemente…
P.: deficiente, dico al cinema!
G.: occristo, questo usa come esempio i film horror…
P.: Shhhh, fammi continuare. Dicevo. Uno zombi è lento, non fa paura, gli spacchi la testa senza problemi, sbang, kaputt. Ma se sono tre, quattro, cinque, bé, hai paura.
G.: suppongo che l’avrei, si…
P.: ecco, le donne vanno insieme perché così intimoriscono. Sono più forti.
G.: ah, come in How I met your mother, quando fanno vedere che le donne se sono in gruppo sembrano più belle!
P.: ecco, poi sono io che faccio esempi del cazzo… Comunque si, mio buon amico neandertaliano, proprio così.
G.: non mi torna qualche passaggio, Pat…
P.: non ne avevo dubbi, Giò.
G.: bè, branco o non branco, io in bagno non ti ci accompagno. Non voglio passare per frocio.
P.: evvabbene, rimani, rimani pure qui coi tuoi pregiudizi, io vado al cesso da solo e se verrò divorato da un branco di zombi sarà solo colpa tua, e se incontro un paio di belle ragazze me le porto entrambe a letto da solo, alla facca tua, capito?!
G.: si, si, come ti pare, ma se ti avanza tempo, prendimi il numero di miss chiappedoro, grazie…

lunedì 10 dicembre 2012

Discesa in campo(santo)



[cerveeeeeeello...]

Come sapete, qui non parlo spesso di politica. In compenso, sono un grande fan del cinema horror, soprattutto di serie B, sicché potrete immaginare il giubilo che mi ha percorso la colonna vertebrale dall’osso sacro in su, fino al lobo anteriore dell’ipofisi, riversando in me una goduriosa misura di endorfine, quando ho sentito la notizia del ritorno di Berlusconi. E si, il riferimento a un introiettamento da tergo non è casuale. Comunque c’era da aspettarselo, era questione di tempo, i non-morti (vampiri, zombi, scheletri, mummie, cavalieri) tornano sempre, ma li avete visti o no grandi classici come Nosferatu o La notte dei morti viventi o Fracchia contro Dracula? Sono solo indeciso su quale bizzarra creatura si incarni nel nostro amato principe delle tenebre: Libération ipotizza si tratti di una mummia, riferendosi, credo, alle tendenze faraoniche dell’amato arcorese, o ai suoi trascorsi amorosi con presunte figlie di presidenti egiziani; altri lo immagino novello Conte Vlad, che iniziò suonando sui battelli lungo il Danubio e finì ergigendo castelli e quartieri in quel di Segrate; io invece, per gusti personali, sono più per la teoria dello zombi. La rapacità, l’incapacità di provare sentimenti, la contagiosità, insomma, tutto torna. Un morto, politicamente e mediaticamente, che raschiando via la terra e spaccando le assi che si frappongo fra lui e il mondo dei vivi, torna a camminare, a mangiare cervelli e a infettare l’Italia.

mercoledì 5 dicembre 2012

Iudicium - Zerocalcare




Gira che ti rigira, qui si parla troppo poco di fumetti, anche se sono una delle mie grandi passioni. Sicché ho deciso di recuperare, parlandovi di un autore che mi ha letteralmente conquistato: Zerocalcare. Ve ne parlo innanzitutto perché è uno di quelli che ce l’ha fatta, pur partendo da quell’enorme, informe, caotico mondo che è la blogosfera. Buttate un occhio al suo blog, che aggiorna periodicamente con strisce o tavole autoconclusive.
Lo amerete, giuro, soprattutto se siete nati fra l’80 e il ’90. Altro che Vasco Brondi, Cani o Moccia, questo si che è un prodotto generazionale! Il tratto di Zerocalcare è caricaturale e vignettistico, certo, ma dall’impronta registicamente definita e personale. La sua scrittura è profonda e coinvolgente, infarcita di riferimenti all’immaginario popolare dagli anni ’80 a oggi: un viaggio à rebours nel passato mitologico della nostra infanzia, fatto di giochi, cartoni animati, relazioni umane e familiari. Tutto è narrato in prima persona, Zerocalcare è prima di tutto se stesso, poi un personaggio, infine il feticcio in cui immedesimarsi; vengono presentate le paranoie, le idiosincrasie della vita quotidiana, che racchiudono un percorso esistenziale fatto di immagini della fanciullezza, di adolescenze mai superate e di inettitudini proiettate verso il futuro.
Il tema cardine è il tempo, in "La profezia dell’armadillo" inseguito, non capito, rimandato: un amore mai confessato per un’amica d’infanzia, che porta a galla i limiti di una vita vissuta fin troppo al minuto, nella paura e nell’attesa. In "Un polpo alla gola" il tempo è scansato, rinviato, e scatena sensi di colpa per cose non dette o non fatte, ma è inevitabilmente presente, nella crescita di un gruppo di bambini, che si incontrano di nuovo adolescenti e poi adulti, sempre uguali, sempre diversi.
E poi, cacchio, fa morire dal ridere! Se il quadro d’insieme è profondo e quasi malinconico, i singoli episodi sono esilaranti nel loro surrealismo e nel sottile gioco del grottesco.
Insomma, se avete almeno una volta nella vita atteso con ansia le due di notte per ammazzarvi di serie tv, latte e plum cake, se qualche volta vi siete figurati vostra madre nelle fattezze di Lady Cocca, se di notte vi arriva un sms da un numero sconosciuto e partite con infinite paranoie… Non potrete non amare Zerocalcare e riconoscere in lui una piccola parte di voi.

domenica 25 novembre 2012

Amitrano, Primarie e Murazzi




E così, in un tiepido mattino di novembre, da buon Pasquale Amitrano ho preso la mia brum-brum e mi sono fatto gli ormai conosciutissimi 60 km fra Alba e Torino, per provare l’ebbrezza di essere nominato “elettore di centrosinistra”. Ora, sto cazzo di certificato lo brucerò il più presto possibile, sia chiaro, però, wow, Torino.
Era un po’ che non ci andavo di domenica mattina. La nebbiolina sul Lungopò, i rari 16 deserti e pigri, i bicchieri semivuoti lasciati davanti alla mia vecchia casa, qualche impavido, infreddolito sbandato che ancora vaga dalla notte prima… E io che faccio, in tutto questo? Mi infilo in una sottospecie di Circolo ARCI (che di giorno è una cosa un po’ triste da fare) a mettere croci su schede colorate? Sto invecchiando, decisamente.
E come ogni volta mi prende la nostalgia, voi già lo sapete, è più forte di me quando passo per Torino. Ah, per inciso, mi stanno chiudendo i Murazzi. Sarebbe lungo da spiegare, le scuse sono sicurezza pubblica, abusivismo edilizio, blablabla… In realtà si tratta di decoro pubblico e del tentativo di trasformare il centro in un bella bomboniera impacchettata da regalare ai turisti. Dimenticando che se Torino è riuscita a scrollarsi di dosso quel grigiore che l’ha contraddistinta fino a qualche anno fa, è anche grazie ai Murazzi. Per me sono un luogo vivo e vitale, dove ho incontrato molte persone fantastiche, luogo di ispirazione per questo e per tante altre cose, compreso il mio libro.
Ed è pensando a questo che me ne sono tornato a casa, col mio certificato cattocomunista in tasca, dando un calcio a un avanzo di mojito davanti al mio vecchio portone e facendo ciaociao con la manina ai Murazzi.