martedì 2 aprile 2013

Iudicium - La "Trilogia del milieu" di Fernando Di Leo



La Trilogia del milieu di Fernando Di Leo è forse la più alta espressione del noir italiano in campo cinematografico. Dico “italiano” e non “all’italiana” perché quest’ultima espressione mi ha sempre saputo di riduttivo o consolatorio, come a dire: non siamo gli americani ma ci proviamo lo stesso, come ci riesce. E per carità, per i tre quarti della produzione cinematografica italiana degli anni ’60-’70 non si può che parlare di epigoni e di imitatori, se non di plagiari; comportamento, si badi bene, perfettamente giustificato da come andavano le cose all’epoca, tanto nella società quanto nella cultura, e che alla prova dei fatti regala tante soddisfazioni a noi amanti delle narrazioni popolari e del trash.
Ma il caso della Trilogia è piuttosto diverso: lontana tanto dai dettami del fiorente filone poliziesco italiano quanto dal noir classico americano, rappresenta una riuscita commistione fra azione, critica sociale, ironia ed epica.


Milano calibro 9 (1972) narra la storia di Ugo Piazza (Gastone Moschin), criminale appena uscito di prigione e pronto a rifarsi una vita, osteggiato dalla polizia e dall’Americano, boss malavitoso che sembra avere un conto in sospeso con lui.
Oltre alla maschera epica del protagonista, antieroe dal forte carisma, non privo di una sua morale solipsista e autarchica, punto di forza della pellicola è una Milano nebbiosa e buia, la Milano dei romanzi di Scebranenco (non a caso il film è tratto dall’omonima raccolta di racconti dello scrittore), dove una polizia inetta perde ogni giorno la sua partita contro il crimine.



Con La mala ordina (1973) Di Leo rompe il suo stesso stereotipo, presentandoci una Milano colorata e solare; Luca Canali (Mario Adorf), un piccolo e innocuo pappone, viene braccato da due malavitosi americani (Henry Silva e Woody Strode), un bianco e un nero (non vi ricorda niente…? Davvero…?), per regolare un conto di cui Canali sembra non sapere niente.
Il personaggio di Canali è probabilmente il meno byroniano fra quelli della trilogia, ma forse proprio per questo il più interessante: è fondamentalmente un buono, incastrato in una faccenda più grande di lui.



Il boss (1973) è fra le tre la pellicola più amara e nichilista. In una Palermo nera e appena tratteggiata, dove imperversa una lotta fratricida tra clan mafiosi, Lanzetta (Henry Silva), un giovane picciotto, fra tradimenti, ritorsioni e atti d’orgoglio tenta la scalata al potere. È un film che stupisce per la totale assenza del “bene”, sostituito da un ambiguo concetto di “ordine”: la polizia è corrotta, la politica collusa, e nemmeno la tirannica legge del più forte sembra funzionare.

La Trilogia del milieu ci presenta una fenomenologia complessa e diversificata del mondo della malavita, priva di retorica e buonismi, dove si è sostanzialmente soli, e dove è impossibile non macchiarsi (di reati o di sangue, poco importa). L’eroismo e la redenzione sono tragicamente legati alla morte, in un mondo titanicamente più forte e spietato del singolo.
Di Leo sa giocare con questi temi usando il linguaggio dell’epos, tralasciando quel noioso realismo che tanto era caro alla sinistra intellettuale dell’epoca (colpevole non a caso di aver relegato a lungo nell’oblio produzioni cinematografiche di questo tipo). L’azione non manca, ed è sempre scenografica e spettacolare (magistrale la sena dell’inseguimento sulla camionetta di La mala ordina, o l’esplosione del cinema all’inizio di Il boss), con una regia impeccabile e delle musiche da brivido.


[Facciamo un giochino, paragonate questo con questo]

Insomma, se vi piace l’azione, se vi piacciono le pistole, se vi piacciono le gnocche (a giudicare dai film, a Di Leo piacevano assai) o anche se siete solo noiosi e antipatici grillini che cercano scuse per insultare polizia/politica/mafia, non potete perdervi questa trilogia, così italiana e così poco “all’italiana”, che tanto ha impressionato e influenzato il neocinquantenne Tarantino, una delle espressioni migliori del cinema contemporaneo (qui uno stralcio della sua intervista su Nocturno).

1 commento:

  1. Un omaggio di Ciprì e Maresco a certo cinema italiano che eccede le normali categorie estetiche:
    http://www.youtube.com/watch?v=UPgIpLG85cQ

    ;)

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