venerdì 24 gennaio 2014

Narratio - M1





Fuori pioveva e avevo le scarpe infangate. Le strofinai per terra subito dietro la linea gialla, tre o quattro volte, mentre attorno cresceva il brusio delle settemmezza e la puzza di mattino si faceva nuvola, intasando le narici e il buonsenso di vergognoso disgusto per la vita. Il pavimento era un mare di linoleum nero a cerchietti, rigato e sfaldato e ingrigito dal mio lavoro: zampettavo alternando il destro e il sinistro, tirando il tallone indietro, memore delle urla della mia vecchia professoressa di educazione fisica delle medie, che mi strillava continuamente di sollevare quelle cavolo di gambe – e poi ci si domanda perché marinavo quelle lezioni per giocare negli spogliatoi alle carte dei Pokémon. Non guardavo le persone attorno a me, coi miei superpoteri potevo percepire che stavano esponenzialmente aumentando e di conseguenza, con la mia superintelligenza, potevo arguire che la metro stava per arrivare. Smisi di ruspare e alzai lo sguardo verso il tunnel. Un puntino giallo si faceva via via lucciola fuoco fatuo kamehameha cometa treno, e urlava come una cazzo di Banshee zitellona. Ora che ci penso più che una kamehameha sembrava un hadoken; che poi già ai tempi mi chiedevo, proprio per questo motivo, se Gouken, il maestro di Ryu e Ken fosse stato compagno di banco di Muten, il Genio delle tartarughe, maestro di Goku: c’erano un po’ troppe coincidenze onomastiche per i miei gusti, quindi non approfondii mai la faccenda. Chiusi gli occhi e mi immersi nel chiasso. Mi fece tornare fra i mortali una vecchia che voleva salire sulla metro, che noi giovani eravamo sempre lì a perdere tempo e drogarci e usare gli smàrfoh, che credo fossero gli smartphone. Mi feci spingere senza ritegno né dignità virile dalla vecchia, e penetrai, in un grottesco amplesso corale, l’ammasso di carne che strabordava dal treno. L’escatologico aroma di morte venne sostituito da un più scatologico tanfo di merda, credo consustanziale alla natura stessa della metropolitana, a lei connaturato, in poche parole compreso nel prezzo del biglietto. Che curioso il corpo umano, alle settettrentaquattro, presumibilmente un’oretta dopo il risveglio, già era in grado di produrre ettolitri di sudore. Certo, è probabilmente che la metà dei miei amabili compagni di viaggi non vedesse una saponetta da giorni o settimane. Se fossi stato solo un pelino più razzista, avrei potuto scrivere un trattato sugli aromi delle singole etnie, con tanto di tabelle, raffronti, miscugli, alberi evolutivi, una figata insomma. Cazzo di genitori sessantottini, me lo avete sempre impedito.

[continua, non so quando non so dove... Anzi, ora che l'ho scritto ve lo dico, continua qui]

3 commenti:

  1. Grazie per essere tornato alla prosa, ad una certa prosa, bella.
    Turbinio di emozioni. Viva le (dernier) metro.

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