mercoledì 23 luglio 2014

Narratio - M1 (parte IV)




[Qui la prima parte]

Ero di nuovo solo, seppure fra mille, fagocitato dal volgo multietnico, imbottito di tanfo, disgusto, rumori, desideri diversi che cozzavano fra loro annullandosi a vicenda. Il Moloch proseguiva nel suo viaggio verso l’apocalisse, che poi era l’inizio del turno di lavoro o l’appuntamento con l’amante o la partita di calcetto (a quest’ora del mattino, poi…!?) o le commissioni mattutine, senza pietà per niente e per nessuno, sì, giusto, in effetti sembravamo quella stampa del Leviatano, un re baffuto il cui corpo è composto da centinaia di omini stile exogini; fu in quel momento che mi accorsi che la Bestia mi parlava, era viva, mi trasmetteva i suoi pensieri attraverso il linoleum o cosa diavolo fosse quella roba plasticosa per terra, me li trasmetteva attraverso la sbarra rossa in cui ero conficcato, attraverso il sibilo delle rotaie e l’intermittenza delle luci, “Ascoltami, messaggero”, mi disse, e mi ritrovai improvvisamente nel vuoto, assorbito da quella voce penetrante e demoniaca. Ero pietrificato intorno al mio palo, che ora fluttuava nel buio più assoluto. Il treno aveva la voce di Richard Benson o di Belzebù, non riuscivo bene a capire, ma parlava una lingua aliena, eppure profondamente mia, che più o meno tradotta in italiota esprimeva qualcosa del genere: “So che tu sai, oh briciola di esistenza, che il mondo si avvicina alla fine. Li vedi i tuoi simili, che sudano e leggono “Chi” e guardano Barbara D’Urso? Li ascolti mentre parlano di Sanremo e dello Spread, mentre leggono Proust, Moccia e Petronio? Loro non sanno, tu sai. Loro si distraggono, tu sai cogliere i segnali che vi mando ogni giorno. Presto sarà tutto finito, non frenerò più, mi avvierò verso il moto perpetuo e finalmente vi trasformerò in energia”. Le sue vibrazioni/parole presero la forma, nei miei pensieri, di un pollo, un mistico pollo fosforescente, forse per colpa dell’influenza dell’Avatar Benson. Il pollo mi indicò col suo becco-evidenziatore la strada per tornare alla (in)coscienza della carrozza della metro. Dopo poco mi trovai di nuovo in mezzo alla bestiale compagnia degli altri umani, ma non riuscivo più a vederli allo stesso modo, sapevo che saremmo tutti finiti, fra non molto tempo. Ero diventato un cavaliere dell’apocalisse, un araldo puzzolente incompreso, sì, queste sarebbero state le mie origini in un qualche fumetto americano di supereroi, che poi ci avrebbero fatto il film tradendo la lettera dell’originale e tutti giù a criticare… Quel momento così uguale a tutti gli altri mi avrebbe regalato una nuova vita. Ma era ancora presto, l’ennesima palingenesi stava per abbattersi sulla nostra rugginosa carrozza.

[Continua...]